Sipario.
I Giochi Olimpici sono il solo evento capace di prendere lo scorrere degli eventi e di far saltare le regole che lo dominano altrove. Giorni sospesi nel tempo e, a guardare gli spalti vuoti, anche nello spazio.
A volte sembra fermarsi tutto, in un istante eterno, di gloria per alcuni e di sconfitta per altri. Settimane intere che volano in un battito di ciglia col susseguirsi dei turni di gare che sembrano formare un flusso continuo. Allo stesso modo, però, sembrano anche passati anni luce dalle prime gare di Tokyo 2020, a cui in realtà abbiamo assistito soltanto 8 giorni fa.
Giorni pieni, un fiume di risultati, di record, di promesse mantenute e insospettabili debacle. Nuovi campioni. Vecchie certezze. Il saluto di chi con questo ultimo, grande show, conclude la sua prima vita, quella da atleta, andando verso un futuro più o meno incerto. Il sorriso di chi si sta affacciando proprio ora al mondo dello sport che conta e guarda davanti a sé con tanta aspirazione quanta curiosità.
Ci vorranno giorni, forse settimane, per analizzare, riflettere, pesare tutti i dati raccolti in questi 8 giorni olimpici nella vasca dell’Olympic Aquatic Centre di Tokyo. Quello che resta negli occhi, un po’ stanchi, di chi ha seguito giorno e notte le gare di questa edizione, sono pillole di puro olimpismo, immagini che ci sembrano ancora inedite ma che nel corso degli anni a venire vedremo mille e una volta.
Istanti.
L’abbraccio affollato, ancora in acqua, dopo il record mondiale di Tatjana Schoenmaker.
Le lacrime, da quelle di Caleb Dressel, quasi più sollevato che felice, a quelle di Bruno Fratus, il nuotatore più vecchio a guadagnarsi una “prima volta” sul podio olimpico.
I nomi nuovi, Ahmed Hafnaoui, Zac Stubblety-Cook, Lydia Jacoby, se saranno solo coriandoli di gloria che si perderanno nel vento o le prime apparizioni di grandi di questo sport, solo il tempo, sempre lui, potrà dirlo.
Le prime volte della Svizzera e di Hong Kong. Il domino americano che inizia a scricchiolare partendo proprio dalle sue colonne d’Ercole, quelle nuotate con il naso all’insù.
L’Italia che compie 6 imprese, ciascuna con un sapore diverso e un significato proprio. Tante le medaglie inedite, come le due staffette maschili, che così facendo completano il tris e salgono sul podio della storia, al fianco della corazzata azzurra di Atene.
Le medaglie assegnate tra le corsie sono state 105, le storie che meriterebbero di essere raccontate sono almeno 10 volte di più. I numeri, il solo e unico modo che noi, da qui, abbiamo per provare ad avvicinarci il più possibile a quelle stesse storie, raccontano di un’Olimpiade senza precedenti, con il continente europeo che in campo femminile non conquista l’oro, in nessuna gara, per la prima volta nella storia.
Non ce la fa Sarah Sjostrom, che si ferma ad un argento comunque scintillante visto il calvario che ha attraversato, non ce la fa Katinka Hosszu che depone le armi e sorride alle nuove generazioni che si fanno avanti a spintoni.
Il volto femminile di questi Giochi è quello di Emma McKeon, prima donna della Storia a mettere in valigia 7 medaglie olimpiche.
Non credo sia tempo di bilanci.
Riassumere un’edizione dei Giochi Olimpici è tanto inutile quanto riduttivo. Ce la racconteranno loro, i protagonisti, nel corso del tempo che verrà, spiegandoci a mente più fredda cosa ha significato entrare in uno stadio pronto ad accogliere 15.000 persone, e che ne ha raccolto appena una briciola. Ci racconteranno se le restrizioni dovute al contenimento del virus hanno intaccato oppure no la gioia della condivisione, pilastro dello spirito olimpico. Scopriremo, se avremo la lungimiranza di ascoltare le risposte invece di pensare alla nostra domanda successiva, come stanno davvero i nostri campioni, eroi moderni di uno sport che si sta evolvendo alla velocità della luce, lasciando loro un minuto in più per godersi il momento, prima di settare il countdown a – 1096 giorni verso Parigi 2024.