Lo sport è spesso raccontato attraverso i suoi record, i suoi numeri, le medaglie appese al collo. Ma il nuoto – soprattutto quello femminile – è molto più di questo. È una lotta contro il cronometro, certo, ma anche contro gli stereotipi, contro le barriere culturali e contro i limiti imposti da chi, nel passato, riteneva che certe imprese fossero impossibili per una donna.
In occasione della Giornata Internazionale della Donna, vogliamo raccontare la storia di sette nuotatrici che non solo hanno scritto pagine leggendarie nella storia della disciplina, ma hanno anche contribuito a trasformare la percezione del ruolo delle donne nello sport. Atlete che hanno ridefinito i confini della resistenza, della determinazione e della grandezza, spesso sfidando condizioni avverse, pregiudizi o difficoltà personali.
Sette storie, sette voci, sette battaglie vinte dentro e fuori dall’acqua.
Nel corso della settimana, esploreremo i percorsi di queste donne straordinarie, partendo dalle pioniere che hanno aperto la strada per le generazioni future fino alle campionesse contemporanee che continuano a ispirare con la loro forza e il loro talento.
Le Donne del Nuoto Contro il Doping: Coraggio, Denuncia e Cambiamento
Nel mondo dello sport, la lotta al doping non è solo una battaglia per l’integrità delle competizioni, ma anche una questione di giustizia e di protezione per gli atleti che scelgono di competere onestamente. Il nuoto, uno degli sport olimpici più amati e seguiti, ha visto negli anni diverse atlete sfidare le convenzioni e denunciare pratiche scorrette, anche a costo di andare contro il sistema e mettere a rischio la propria carriera.
Tra scandali e coperture sistematiche, ci sono sempre state atlete che hanno rifiutato di restare in silenzio. Donne che, nonostante le pressioni per conformarsi o per chiudere un occhio, hanno alzato la voce contro il doping, chiedendo giustizia e trasparenza. La loro determinazione ha giocato un ruolo cruciale nella battaglia per uno sport pulito.
Queste donne non solo hanno lottato per la loro giusta posizione nel medagliere, ma hanno anche gettato le basi per un cambiamento epocale nel mondo del nuoto.
Shirley Babashoff: La Voce Contro l’Establishment
Negli anni ‘70, il nuoto femminile era dominato dalle atlete della Germania Est, i cui successi straordinari sollevavano numerosi sospetti. Shirley Babashoff, statunitense e grande favorita delle Olimpiadi di Montreal 1976, si trovò a dover competere con un gruppo di nuotatrici dall’aspetto e dalle prestazioni straordinariamente superiori alla media. Babashoff fu tra le prime a sollevare dubbi sulle pratiche dopanti della DDR, ma fu trattata come una lamentosa, ridicolizzata dalla stampa e persino dallo stesso comitato olimpico statunitense. Solo decenni dopo, con la caduta del Muro di Berlino e la rivelazione del programma di doping di Stato della Germania Est, la sua battaglia venne riconosciuta per quello che era: un atto di coraggio in un’epoca in cui denunciare significava rimetterci tutto.
Jessica Hardy: La Lotta per la Propria Reputazione
Jessica Hardy era una delle stelle emergenti del nuoto americano quando, nel 2008, risultò positiva ad un test antidoping poco prima delle Olimpiadi di Pechino. Scioccata e devastata, si sottopose a un’indagine approfondita che dimostrò come la sua positività fosse dovuta a un integratore contaminato. Hardy scelse di non arrendersi e lottò per dimostrare la propria innocenza, contribuendo a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di regolamentare con maggiore attenzione il mercato degli integratori. Tornata alle competizioni dopo la squalifica ridotta, dimostrò che si può risalire dopo un’ingiustizia, senza scendere a compromessi.
Yuliya Efimova e Lilly King: Il Confronto Diretto
Nel 2016, il mondo del nuoto assistette a una delle più iconiche dichiarazioni di guerra al doping: Lilly King, giovane promessa del nuoto americano, affrontò pubblicamente la russa Yuliya Efimova, più volte coinvolta in casi di doping ma riammessa ai Giochi di Rio de Janeiro dopo un ricorso. Con un gesto semplice ma potente, King scosse la testa in segno di disapprovazione mentre guardava Efimova vincere la sua semifinale nei 100 rana. Il gesto divenne virale e King non si tirò indietro nelle interviste, dichiarando apertamente che gli atleti puliti avevano il diritto di parlare e non avrebbero dovuto temere di farlo. Il suo atteggiamento spavaldo ma giusto divenne il simbolo di una nuova generazione di atleti pronti a difendere l’integrità dello sport.
Una Battaglia Ancora Aperta
La lotta contro il doping nel nuoto è ancora lontana dall’essere vinta, e negli ultimi anni numerose atlete hanno preso posizione contro pratiche scorrette. Uno dei casi più clamorosi è esploso nell’aprile 2024, quando è stato rivelato che 23 nuotatori cinesi erano risultati positivi alla trimetazidina (TMZ) pochi mesi prima delle Olimpiadi di Tokyo 2020. Nonostante ciò, la WADA (Agenzia Mondiale Antidoping) li ha scagionati, accettando la spiegazione di una contaminazione alimentare senza avviare ulteriori indagini.
Katie Ledecky è stata una delle prime a rompere il silenzio su questa vicenda, esprimendo tutta la sua frustrazione e preoccupazione:
È difficile andare a Parigi sapendo che gareggeremo contro alcuni di questi atleti. E credo che la nostra fiducia nel sistema sia ai minimi storici.”
In Italia, Elena Di Liddo si è unita alla protesta, chiedendo maggiore trasparenza. Per lei, la questione è personale: tre dei quattro nuotatori cinesi che vinsero il bronzo nella staffetta 4×100 misti mista a Tokyo erano tra i positivi prima dei Giochi. L’Italia arrivò quarta in quella gara, rimanendo fuori dal podio. Di Liddo, come tanti altri atleti, vuole sapere perché questi nuotatori abbiano potuto competere senza essere stati sospesi in via cautelativa.
Anche Federica Pellegrini, oggi membro del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), ha commentato lo scandalo. Parlando con Il Foglio, ha ammesso di comprendere la rabbia degli atleti:
Da atleta, capisco benissimo quello che dice Ledecky. La fiducia nella WADA è ai minimi storici.
Tuttavia, in qualità di membro del CIO, Pellegrini ha anche spiegato che l’agenzia antidoping ha considerato il caso chiuso per contaminazione alimentare.
Ho letto molte carte, tutto quello che la WADA ha pubblicato. Per loro, questo non è un caso di doping. Ma capisco benissimo perché molti atleti la pensino diversamente.
Alla domanda se accetterebbe una medaglia olimpica nel caso in cui venisse riassegnata retroattivamente, Pellegrini ha risposto con sincerità:
Non sarebbe la stessa cosa. La prenderei, certo, me la porto a casa, ma sarebbe diverso. Ci sarebbe un po’ di rammarico, perché non ho vissuto quel momento sul podio.”
Queste parole risuonano nel cuore di tanti atleti che hanno perso il loro momento di gloria a causa del doping.
Il Futuro del Nuoto Pulito
La battaglia contro il doping non è finita. Ma oggi c’è una crescente consapevolezza e un numero sempre maggiore di atlete che rifiutano di restare in silenzio. Le donne nel nuoto hanno svolto un ruolo cruciale nel denunciare ingiustizie, mettere sotto pressione le istituzioni e chiedere cambiamenti concreti. Il loro coraggio non solo ha portato alla luce scandali, ma ha anche obbligato la WADA e le federazioni a essere più trasparenti e responsabili.
Con Parigi 2024 ormai alle spalle e Los Angeles 2028 all’orizzonte, la speranza è che la prossima generazione di nuotatrici possa gareggiare in un ambiente davvero equo. Se c’è una lezione che la storia ci ha insegnato, è che le donne nel nuoto continueranno a guidare questa lotta, assicurandosi che lo sport rimanga fedele ai valori di integrità, duro lavoro e competizione pulita.
Non bisogna dimenticare Janet Evans alle Olimpiadi di Atlanta quando ha pubblicamente accusato (con ragione!) Michelle Smith de Brujin (nuotatrice irlandese)