Siamo abituati a vedere i nuotatori in acqua. Nei loro movimenti sembrano perfetti. Tutto calcolato, una routine che si ripete giorno dopo giorno e che a chi guarda da fuori, sembra quasi semplice.
Ma cosa c’è nella testa, nel cuore e nell’anima dei nuotatori? Pasquale Sanzullo ci porterà in un viaggio attraverso immagini, suoni, pensieri e silenzi che fanno compagnia a chi nell’acqua vive, sogna, ride ed a volte piange.
Narici spalancate, respiro lungo, occhi aperti e testa alta; il desiderio del controllo parte esattamente così.
Eppure questo desiderio mica si lascia acchiappare. Con la testa scendi a compromessi, ci stringi un patto e non lasci che ti saboti, nella migliore delle ipotesi.
In acqua, pochi secondi dopo, il respiro sarà corto, lo stomaco avrà un volume diverso e l’addome supplicherà la distensione.
Eppure ci viene chiesto di convivere con tutto questo.
Questa fatica va baciata pur non amandola.
Chi dice di essere innamorato della fatica mente sapendo di mentire.
Noi non siamo nati per soffrire, eppure rischiare di soffrire poco più di chi hai affianco in corsia può dare la svolta alla tua vita.
Quella svolta che sbarra per sempre la strada a quei brutti inseguitori che sono i rimpianti.
Spesso dall’entità della nostra fatica si valuta il merito.
Quel merito che ci fa sentire in colpa se la fatica che l’ha determinato è stata controllata e non straordinaria.
Si, la fatica controllata è perimetrata nella sicurezza della comfort zone, invece lo sforzo straordinario lascia spazio al panico, dotato di braccia che stritolano la gola e di gambe che bloccano il diaframma.
Niente può essere realizzato sia in fretta che in sicurezza.
Perciò nuotare al limite delle tue possibilità (momentanee) mina ogni controllo sulla reazione emotiva della testa. Insomma, non resta altra scelta che abbracciare la vulnerabilità.
In quell’istante mi viene in mente la mia guida che in una sola parola racchiude diecimila ore sprecate nella motivazione. Lui non mi dice: “Forza”; la sua parola è: “Esplora”.