Nicolò Martinenghi, Un Oro Per Gli Italiani Con Il Kairos Degli Antichi Greci

Le Olimpiadi sono così, sono l’occasione in cui un’intera città, un intero paese e l’intero mondo si ferma per un mese, solo per poter ammirare i propri idoli sportivi.

In Grecia venivano firmate tregue per far cessare, momentaneamente, anche le guerre. Tutto fermo.

E mentre il mondo osserva questo scenario così fermo eppure così in movimento, il puzzle inizia a completarsi.

I Giochi Olimpici sono questo. Sono un’occasione unica, che arriva solo ogni quattro anni di duro lavoro e preparazione mentale. 

Alle Olimpiadi bisogna arrivare nella miglior versione possibile di se stessi, senza malanni, senza stanchezza, con la testa vuota e il cuore pieno.

Per questo le Olimpiadi sono diverse. Qui non è più questione di tempi e di numeri. Certo, l’obiettivo dello sport è sempre quello di superare limiti, ma qui è diverso. Non per caso i Record Olimpici, stabiliti solo durante questa manifestazione, hanno un valore molto diverso (e maggiore) di un Record dei campionati qualunque. 

Alle Olimpiadi tutto e niente è possibile. 

Vasca profonda, poco profonda, troppo, tempi veloci, tempi lenti. Il tempo conta, ma il tempo conta per tutti. 

E l’unica cosa che conta qui è guadagnare un posto nella storia.

È saper sfruttare il giusto momento nel giusto modo.

IL KAIROS

Nicolò ha incorniciato la sua gara. Nel vero senso della parola. 

In un campo gara che offre otto corsie, Tete ha nuotato nella corsia 7, incorniciando in un certo senso quel quadro che non sapeva di star dipingendo

Da cornice ad autore di un capolavoro.

Una sorpresa, che sorpresa non è. 

Nicolò Martinenghi infatti, deve aver incluso nei suoi allenamenti qualche esercizio in più con lo step, per quanti gradini del podio ha calcato in questi anni. 

Una sorpresa, perché arriva dalla corsia 7, e perché i nomi di questa gara sono tutti nomi che rimarranno scolpiti nell’eredità del nuoto mondiale. Adam Peaty, Nic Fink, Arno Kamminga erano tutti con lui a giocarsi un posto sul podio. Le previsioni non erano facili.

Ma Tete non è una sorpresa. Lui è l’atleta del καιρος (kairos), il momento opportuno.

Lo sottolineavano già i padri di questi Giochi, i Greci, nelle loro odi per gli atleti olimpici, quanto non bastasse il talento e l’allenamento, perché a quelli tutti rispondono diversamente.

 “Zeus riconoscerà il tuo valore quando ti si presenterà e saprai cogliere il momento opportuno” 

Ed eccolo presentarsi:
Gli Italiani che sono davanti allo schermo bramano una medaglia d’oro.

La sognano, la vogliono, la esigono.

Nel momento in cui il romantico patriottismo italiano decade inesorabilmente nel più cinico (infondato) pessimismo, Tete nuota in soccorso.

Nella vasca della Defense Arena di Parigi, il momento opportuno si è presentato alla coorte di Nicolò Martinenghi. Nell’acqua di Parigi, come in tutte le occasioni precedenti, Tete ha saputo cogliere il momento opportuno, ha saputo, come afferma lui stesso, essere nel posto giusto al momento giusto.
E riporta in alto anche quell’entusiasmo nazionale.

In alto come il luogo a cui, dopo questa notte magica, Nicolò Martinenghi ha diritto di dimorare, in alto come il monte dove risiedono gli dei, in alto, sulla cima dell’Olimpo.

Là, dove Zeus lo attende per mantenere la sua promessa, ed accoglierlo tra gli dei del nuoto Olimpico.

I SUONI

È un’Olimpiade di suoni questa di Parigi.

L’emozionante folla di 15mila persone che urlando dà il tempo alle respirazioni della frazione a rana di Leon Marchand è stata l’apice di questo arcobaleno sonoro.

Un altro suono che rimarrà scolpito è quello dell’Inno italiano, cui note hanno iniziato a farsi spazio nella miriade di suoni provenienti dall’arena, già agli 85 metri di questo splendido 100 rana.

Gli italiani vogliono essere lasciati cantare (semicit).

Vogliono cantare l’inno, ascoltarlo, sussurrarlo, urlarlo, osservarlo, battere le mani a tempo, chiudere gli occhi e percepire l’unione che li rende, per un momento davvero, tutti fratelli.

E Nicolò Martinenghi è colui che per 59.03 secondi, li ha resi tali, mettendo tutti d’accordo.

Con 59.03 secondi ha realizzato il suo sogno, e quello di milioni di Italiani, che aspettavano intrepidi, di sentire nelle proprie case intonare l’Inno di Mameli. 

Ed è per questo, che quando le casse della Defense Arena diffondono le prime note Tete, fino a quel momento composto, chiude gli occhi per un secondo. Poi li riapre subito, quasi come impaurito di lasciarsi completamente andare, o di perdersi anche solo un secondo di quel momento. Nicolò non canta, ma vive l’inno. E l’occhio inizia a luccicare.

Gli Italiani amano.

E lo dimostrano tramite il caloroso suono proveniente dagli spalti dell’arena. Chi ama più di tutti però è Martinenghi: alla vista di ogni bandiera italiana il campione olimpico si avvicina.

Il suo giro di trionfo dura più di quello del beniamino di casa Leon Marchand, ma non è un giro autocelebrativo. Nicolò Martinenghi è l’oro del popolo. Ad ogni bandiera, ad ogni mano, si ferma, abbracciando quante più persone possibili. E pensare che in tutto questo ha anche dimenticato di prendere una bandiera per le foto di rito. Tuttavia non ne ha bisogno, perché ha già compiuto l’impresa che lo renderà indimenticabile, soprattutto agli occhi degli italiani, ai quali ha regalato il primo inno nazionale.

Quell’inno Tete, l’hai fatto suonare Tu.

L’hai fatto suonare proprio tu.

 

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