Articolo in inglese a cura di Retta Race
Nel marzo del 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato il coronavirus (COVID-19) una pandemia globale. All’epoca si sapeva poco sulla struttura del virus. Egualmente scarne erano le informazioni sulla diffusione o su quali tipi di condizioni rendessero il contagio più o meno probabile.
Durante lo stesso periodo dell’anno scorso abbiamo pubblicato un articolo che riportava quali dati erano noti in particolare riguardo all’impatto del cloro sul coronavirus.
L’articolo è risultato essere il post più letto di SwimSwam del 2020.
All’epoca, l’Health Service Executive dell’Irlanda, essenzialmente l’equivalente del ISS Istuto Superiore della Sanità confermò che il coronavirus non può essere trasmesso nell’acqua potabile e nelle piscine, a condizione che questi mezzi siano adeguatamente clorurati.
Dopo un anno abbiamo molte più informazioni in nostro possesso. Sono stati condotti ulteriori studi. Si sono accumulate conoscenze più solide su tutto, dai sintomi alle variazioni di ceppo e alla trasmissione. Ora abbiamo anche più studi specifici sul rapporto tra ambienti “acquatici” e virus.
ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITA’
Nel sito web dell’Istituto Superiore di Sanità si legge:
Non ci sono prove che COVID-19 possa essere diffuso all’uomo attraverso l’uso di piscine o vasche idromassaggio. Il corretto funzionamento, la manutenzione e una adeguata disinfezione (ad esempio con cloro e bromo) di piscine e vasche idromassaggio assicurano l’inattivazione del virus che causa COVID-19.
World Health Organization (WHO)
Il 15 luglio 2020, l’OMS ha pubblicato i risultati dei suoi studi relativi alla sua indagine su 3 aree principali
- persistenza/soppravvivenza del coronavirus in acqua;
- presenza del coronavirus in ambienti acquatici
- metodi per il recupero del coronavirus dalle acque
Il suo studio ha concluso che il coronavirus “sembra avere una bassa stabilità nell’ambiente [dell’acqua] ed è molto sensibile agli ossidanti, come il cloro”. Inoltre, il coronavirus sembra essere “inattivato significativamente più velocemente in acqua rispetto ai virus enterici umani non invasi con trasmissione nota in acqua”.
Secondo i risultati dello studio dell’OMS, la resistenza del coronavirus al cloro è inferiore a quella dei batteri.
Le attuali pratiche di disinfezione dell’acqua (acqua potabile, acque reflue, acqua di piscina), sono dunque efficaci anche nei confronti dei coronavirus.
United States’ Centers for Disease Control (CDC)
Sul sito web del Centers for Disease Control, aggiornato fino al 31 dicembre 2020, l’organizzazione afferma:
“CDC non è a conoscenza di alcun rapporto scientifico sul virus che causa la diffusione di COVID-19 alle persone attraverso l’acqua nelle piscine, nelle vasche idromassaggio o nei parchi giochi acquatici”.
“Inoltre, il corretto funzionamento delle piscine pubbliche, delle vasche idromassaggio e dei parchi giochi acquatici (ad esempio in un complesso di appartamenti o di proprietà di una comunità) e la disinfezione dell’acqua (con cloro o bromo) dovrebbero inattivare il virus”.
U.S. National Center for Biotechnology Information
Ricerche presso l’U.S. National Center for Biotechnology Information ha pubblicato un altro studio sull’ambiente acquatico nell’ottobre del 2020.
Nello studio si valutano le condizioni favorevoli alla sopravvivenza del coronavirus (SARS-CoV-2) in ambienti acquatici. Il NCBI ha confermato ancora una volta che la sopravvivenza del coronavirus in un ambiente acquatico dipende fortemente dalle caratteristiche reali dell’acqua stessa.
Swimming Canada Member Data
Lo scorso ottobre, il gruppo di valutazione della gestione dei coronavirus di Swimming Canada ha riferito che i dati sono stati raccolti sia da centri ad alte prestazioni che da centri di formazione non-HPC in tutta la nazione.
I 4 centri HPC di Ontario, Vancouver, Victoria e Quebec hanno condotto un totale di 4.065 sessioni di allenamento. Gli atleti coinvolti sono 46 atleti dall’inizio dell’estate e fino al 30 settembre. In tutto questo lasso di tempo, gli atleti e lo staff di HPC di Swimming Canada non sono mai risultati positivi al COVID-19.
Lo studio condotto da Swimming Canada ha coinvolto tutta la comunità.
157 capi allenatori hanno compilato un questionario che riguardava i propri club.
Lo studio ha riguardato 14 mila nuotatori. Le sessioni di allenamento eseguite nel periodo di tempo indicato sono state 167 mila. In tutto questo periodo non ci sono state segnalazioni di COVID-19 nelle loro piscine. Lo stesso vale per i nuotatori delle università canadesi.
Il rapporto evidenzia studi che suggeriscono che i coronavirus sono molto sensibili alle alte temperature e agli ossidanti come il cloro.
New Jersey Swim Safety Alliance
La New Jersey Swim Safety Alliance (NJSSA), è un gruppo che si è formato l’anno scorso. Lo scopo era fare pressione sul governatore del New Jersey per far riaprire le piscine al coperto.
Queste persone hanno condotto un sondaggio dimostrando che non vi erano evidenze di contagio in piscina in tutto lo stato. Il sondaggio ha coinvolto 44 strutture. Su 212.641 persone che sono passate attraverso le piscine coperte nessuno ha contratto il coronavirus.
È importante notare che si trattava di un sondaggio volontario. Non ha dunque valenza scientifica. Nonostante ciò, è diventato uno dei dati più citati nella battaglia per riaprire, o tenere aperte, le piscine in tutto il mondo.