La World Anti-Doping Agency (WADA) ha ritirato la causa per diffamazione contro la U.S. Anti-Doping Agency (USADA) e l’esposto etico contro Rahul Gupta, ex responsabile della politica antidroga degli Stati Uniti. La decisione pone fine a uno scontro legale nato da divergenze sulla gestione di un caso di doping riguardante 23 nuotatori cinesi, risultati positivi a test antidoping nel 2021, ma non sanzionati a seguito di una giustificazione per contaminazione fornita dall’agenzia antidoping cinese.
Il CEO di USADA, Travis Tygart, ha definito la notizia una “totale vittoria” per l’agenzia statunitense. WADA, che aveva intentato la causa presso un tribunale svizzero, ha dichiarato in una lettera interna che, pur convinta della fondatezza delle accuse, ha scelto di ritirare l’azione legale, giudicandola inutile contro chi “non è disposto ad accettare prove chiare” e “cerca solo di danneggiare WADA e il sistema antidoping globale”.
La controversia ha avuto conseguenze anche sul piano politico, con il White House Office of National Drug Control Policy, diretto da Gupta durante l’amministrazione Biden, che ha bloccato il pagamento della quota annuale di 3,6 milioni di dollari a WADA.
La vicenda ha riacceso le polemiche ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, dove la Cina ha vinto l’oro nella staffetta 4×100 mista con Qin Haiyang, uno degli atleti coinvolti nel caso del 2021. In risposta alle critiche, Qin ha dichiarato: “Ogni dubbio è solo uno scherzo. La pressione ci rende solo più forti”.
Altri nuotatori hanno espresso il proprio dissenso: Adam Peaty, campione britannico, ha sottolineato l’importanza dell’equità nelle competizioni, mentre la leggenda americana Michael Phelps ha ribadito alla Associated Press la sua posizione netta: “Se sei trovato positivo, non dovresti mai più avere il diritto di competere. Una volta e basta”.