Quarta Notte Dell’Acqua Che Dorme: Cosa Sognano I Nuotatori?

Che cosa sogna l’acqua che dorme?

Rubando questo poetico dilemma a Sylvain Tesson ci siamo chiesti quali sono i sogni, ricorrenti o meno di chi vive d’acqua, nell’acqua. I racconti e le storie di nuotatrici e nuotatori ci faranno entrare, in punta di piedi e rigoroso silenzio, in un posto tanto intimo e vulnerabile come l’angolo di un cuscino.

Sono seduto su una panca a fissare la parete e mi sento confuso. Stordito. Vorrei alzarmi ma non riesco. Ho paura. Fra pochi minuti lo speaker pronuncerà il mio nome ed entrerò nell’arena di Rio. E’ come nei sogni. Vorrei muovermi ma non ce la faccio. Vorrei allungare un braccio in avanti ma è impossibile. Così rimango lì, incatenato ai miei pensieri, a osservare i rivali che si preparano alla finale olimpica.

Ho paura anche se sono il favorito. Ho paura benché da tre anni sia il più forte.

E’ giunto il momento. Devo prepararmi. Manca poco. Sarà solo una formalità, ma anche al notaio i tempi e le procedure vanno rispettati. Sono caldo, ho nuotato i soliti quattromila metri in scioltezza nella vasca di riscaldamento, cosi come vuole il mio tecnico, cosi come voglio io. Gli altri atleti stanno andando verso la camera di chiamata. Li devo seguire, lo speaker ci aspetta.

Riprovo ad alzarmi.

Sento le pulsazioni aumentare, il respiro farsi affannoso. E’ come se mi mancasse l’aria. Mi alleno come un matto da anni e adesso che potrei andare a prendermi quell’oro bello e maledetto non sono neppure capace di mettermi in piedi.

Mi volto e vedo che anche gli ultimi due nuotatori stanno per lasciare lo spogliatoio. Devo assolutamente alzarmi e seguirli. Ci riprovo. Niente.

Dio solo sa quante volte rientro inutilmente. Mi coglie il panico: cosa diranno tutti quei “loro” che attendono fuori, abbracciati alle proprie certezze? Su quali spalle daranno pacche? So cosa penseranno: “E’ impazzito. Sul più bello ha dato di matto”.

Non voglio arrendermi, eppure resto li, immobile. Seduto sulla panca di uno spogliatoio vuoto, mentre da oltre la porta sento lo speaker pronunciare il mio nome una, due, tre volte, seguito da un lungo silenzio.

D’un tratto la porta si apre e una luce abbagliante mi avvolge.

E’ come una sberla.

Mi sveglio.

Sono nel mio letto. A casa. Dalla tapparella socchiusa stanno filtrando i raggi del primo sole. Tutto è cambiato. Non sono più a Rio, ma a Carpi. Sono in camera mia. E’ autunno. Lo smartphone sul comodino dice che sono le 9 del mattino, e affisso alla parete il poster gigante di Ian Thorpe mi osserva con l’espressione rassicurante e un po’ ironica di chi pensa: “Paura, eh? Bell’incubo che ti sei fatto…”.

Ho un disperato bisogno di muovermi. Mi metto seduto, alzo un braccio, poi l’altro, un dubbio mi stringe lo stomaco e mi volto di scatto in direzione della parete dove la luce del mattino si sta poggiando con delicatezza.

Sorrido. Sospiro. Rinasco.

Rio, l’arena, lo speaker, i 1500, le trenta vasche, la gara. Tutto già fatto, tutto già vinto. Ne sono certo. Me lo sta dicendo il raggio di sole che illumina la medaglia d’oro sulla mensola.

Gregorio Paltrinieri

Leggi qui il sogno della settimana scorsa.

 

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About Aglaia Pezzato

Aglaia Pezzato

Cresce a Padova e dintorni dove inizialmente porta avanti le sue due passioni, la danza classica e il nuoto, preferendo poi quest’ultimo. Azzurrina dal 2007 al 2010 rappresenta l’Italia con la nazionale giovanile in diverse manifestazioni internazionali fino allo stop forzato per due delicati interventi chirurgici. 2014 Nel 2014 fa il suo esordio …

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