Nel giorno in cui il mondo saluta Papa Francesco, spentosi all’età di 88 anni, torna alla mente un dettaglio che per chi vive di sport, e di nuoto in particolare, ha sempre avuto un significato profondo: il suo sguardo partecipe e spirituale sul mondo del nuoto.
Il Pontefice, argentino di nascita e primo Papa gesuita e non europeo da oltre mille anni, ha incontrato più volte gli atleti del nuoto mondiale in occasione del Trofeo Sette Colli a Roma, una delle manifestazioni più antiche e cariche di storia del panorama acquatico internazionale.
In quegli incontri, mai scontati o semplicemente protocollari, Francesco ha saputo cogliere l’essenza del nuoto, trasformandolo in metafora di vita, di autenticità, di spiritualità.
“Il vostro sport si svolge nell’acqua, ma non è affatto ‘liquido’,”
disse nel 2017 rivolgendosi a campioni come Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri, che in dono gli portarono una cuffia gialla con scritto “Papa Francesco”.
“Anzi, è estremamente solido: richiede impegno costante e forza di spirito.”
Quelle parole rivelavano una comprensione sorprendente per chi, apparentemente lontano dai blocchi di partenza e dai cloroformi di bordo vasca, sapeva invece leggere tra le righe dello sforzo quotidiano degli atleti. Il Pontefice indicava nel nuoto una via di formazione: un’educazione del corpo, sì, ma soprattutto dell’anima.
Nel 2018, incontrando ancora una volta i protagonisti del nuoto mondiale – tra cui Sarah Sjöström, Ranomi Kromowidjojo, Chad le Clos – Francesco parlò del nuoto come di una scuola di lealtà, carattere e volontà, capace di insegnare il valore della condivisione, pur restando uno sport individuale.
“Il nuoto diventa occasione di formazione nei valori umani e sociali… una lezione di vita, soprattutto per i vostri coetanei.”
Nel 2022, in occasione dei Campionati Europei di Roma, inviò un messaggio agli atleti:
Ogni grande evento sportivo è un momento speciale in cui giovani di Paesi diversi possono incontrarsi e interagire tra loro, e questo è un bellissimo segno di speranza per il futuro della nostra famiglia umana. È appropriato anche perché Roma è storicamente una città universale, aperta al mondo, la città da cui la Chiesa diffonde ovunque il Vangelo della fraternità.
Nato a Buenos Aires, grande appassionato di calcio e sportivo praticante da giovane (giocava a basket, tifava San Lorenzo), Papa Francesco portava con sé una visione incarnata dello sport: non come strumento di successo, ma come cammino di costruzione personale.
Parlava della fatica come forma di resistenza spirituale, della disciplina come scelta consapevole, della trasparenza come valore etico.
In uno dei suoi passaggi più profondi, ricordò che l’acqua del nuoto richiama “la ricerca di un senso in ciò che si fa”, l’importanza di “una visione chiara della meta da raggiungere”, e la necessità di coltivare “una vita interiore”.
In tempi di sport vissuto spesso come performance e vetrina, le sue parole sono oggi un monito. E un’eredità.
Papa Francesco se n’è andato oggi, 21 Aprile, alle 7:35 del mattino, dopo un lungo ricovero per polmonite. La stessa malattia che, da ragazzo, gli aveva fatto perdere un polmone. E che, poco dopo, lo aveva condotto alla vocazione.
La sua voce resta. Anche tra chi nuota.