Nozze d’oro per la prima medaglia, d’argento, dell’Italia tra le corsie.
50 anni fa il talento purissimo di Novella Calligaris portava il il tricolore per la prima volta sul podio a cinque cerchi. Era l’edizione olimpica di Monaco ’72, per sempre legata nella memoria collettiva al tragico epilogo del sequestro degli atleti israeliani, che in un sol boccone ha ingoiato medaglie, performance, e qualunque dato tecnico o tattico che un’Olimpiade possa portare con sè. Ma una settimana prima, a tener banco sulle pagine dei giornali di tutto il Bel Paese, erano le gesta di una ragazza ancora 17enne, esile nel corpo quanto robusta nello sguardo. L’argento del 30 agosto nei 400 stile libero, e le due medaglie di bronzo dei giorni successivi negli 800 e nei 400 misti, erano un’abbuffata di metalli per una nazione che faceva per la prima volta capolino nel medagliere olimpico.
Uno sport diverso da quello che conosciamo oggi nella forma: senza cuffie, occhialini o piastre automatiche a scandire i passaggi in tempo reale. Uno sport identico a quello che amiamo oggi nelle intenzioni: fatto di prestazioni esaltanti, gare vinte all’ultima bracciata, volti colmi di gioia o delusione una volta toccato il muro e risolto in manciate di secondi le fatiche di anni interi.
Una carriera breve, intensa, conclusa ancora prima di spegnere 20 candeline, quasi a voler tracciare la via per chi sarebbe arrivato dopo di lei, quasi a dimostrare che fosse possibile. Che l’Italia, Paese di Santi e Poeti, oltre che a navigare potesse anche nuotare, e vincere. Un faro da puntare verso l’alto, che potesse essere l’occasione per illuminare la via ad un movimento intero, quello del nuoto italiano che fino a quell’istante non aveva mai avuto l’ardire di mettere il naso fuori dall’Europa.
Per tornare sul podio di un’Olimpiade gli azzurri dovranno aspettare un altro talento poliedrico, un altro spavaldo diciottenne, Stefano “Bibi” Battistelli, il cui nome è ancora standard per record italiani di categoria e che 16 anni dopo le imprese della Calligaris aggiungerà un bronzo nella casella dedicata all’Italia, bissato quattro anni più tardi insieme a Luca Sacchi. Germogli di un’Italia in lenta ma inesorabile crescita, di un movimento che si fa più presente e si allarga anche geograficamente nella Penisola trovando campioni, e quindi volti e beniamini da imitare, da Milano a Roma, creando la cultura sportiva di questa disciplina di cui tutti noi siamo figli, o nipoti.
Fino alla travolgente ondata azzurra di Sydney 2000, dove l’Italia ha cantato a granvoce il primo inno nel nuoto alle Olimpiadi, tracciando una linea che va dal Piemonte di Domenico Fioravanti alla Campania di Massimiliano Rosolino, entrando negli schermi degli italiani e raccontando, con esultanze che resteranno negli occhi di tutti, l’epicità di questo sport. Immagini che fanno la storia, perché sono le prime volte che abbattono barriere invisibili. La prima staffetta a medaglia, nel 2004, sintomo di un movimento profondo e solido, l’oro di Federica Pellegrini a Pechino 2008, la prima medaglia nelle acque libere 4 anni più tardi con Martina Grimaldi.
50 anni dopo, la luce che ancora illumina le medaglie di Novella Calligaris si riflette e si propaga nel segno di una nazionale che è oggi una potenza del settore, forte di individualità eccellenti e solidamente appoggiata su un bacino di quasi 300 mila tesserati. I risultati dei più recenti Campionati Europei disputati in casa sono lo specchio di un movimento rigoglioso ( e orgoglioso) di cui la stessa Calligaris, in veste di giornalista sul posto, ha potuto ammirare la maestosità, in grado ora di procedere in autonomia grazie anche ad un libretto di istruzioni importante, del quale proprio lei ha scritto la prima pagina.