La pandemia ci ha tagliati fuori, è inutile negarlo.
Allenamenti, gare, eventi, semplici raduni della squadra.
Si sono chiuse le porte di un mondo che conoscevamo, che ci faceva sentire utili.
Sulle tribune avevamo creato la nostra comunità, dove si condividevano gioie, dolori e panini al prosciutto.
Una stagione infinta, che ha messo a dura prova anche noi adulti. Chilometri e chilometri macinati in macchina mentre il resto del mondo dorme ancora. Ore di attese fuori dalle piscine.per conoscere l’esito di una gara o aspettare che l’allenamento finisca.
Ci siamo sentiti spesso in balia degli eventi. Eppure noi abbiamo l’obbligo di continuare ad essere guida, soprattutto nei momenti in cui ne vorremmo una.
Il senso di colpa a volte ci tormenta.
Dall’esterno possiamo apparire sicuri, organizzati, tranquilli e presenti. In realtà pensiamo sempre di fare poco, di non essere abbastanza, di poterci svegliare ancora prima ed andare a dormire più tardi pur di far trovare tutto pronto per il giorno successivo.
E’ stata una stagione lunghissima ed in qualche modo, è davvero alla fine. Qualcuno magari ha già riposto lo zaino vuoto, lavato per bene i costumi e prenotato le vacanze.
Altri hanno davanti a sé le ultime settimane di fatica e di gloria.
Noi, che (per fortuna) non dobbiamo scendere in acqua, possiamo però ritrovarci al bar davanti ad un caffè per sentirci meno soli. Condividere esperienze e sentimenti a cuore aperto non fa bene solo ai “giovani”, ma anche a noi che giovani, alla fine, lo siamo stati appena ieri.
La normalità in questo sport tornerà quando anche la comunità dei genitori si ritroverà a lavorare insieme verso il comune obiettivo: far crescere i nostri figli con i valori che soltanto lo sport può infondere in loro.
E se a volte sarà più dura, vi aspetto al bar.