Che cosa sogna l’acqua che dorme?
Rubando questo poetico dilemma a Sylvain Tesson ci siamo chiesti quali sono i sogni, ricorrenti o meno di chi vive d’acqua, nell’acqua. I racconti e le storie di nuotatrici e nuotatori ci faranno entrare, in punta di piedi e rigoroso silenzio, in un posto tanto intimo e vulnerabile come l’angolo di un cuscino.
Sono lì, al Foro Italico.
Dicono sia la “piscina più bella del mondo” e probabilmente si, lo è.
È una giornata calda, forse agosto, le mattonelle rosse del piano vasca bruciano, io e i miei compagni di squadra siamo arrivati a Roma tutti insieme e siamo pronti a gareggiare.Anche se fa caldo è una giornata perfetta. Tutto fila liscio e colgo l’occasione per salutare tutti gli amici che non vedevo da tanto. Come al solito mi perdo in chiacchiere. Mi piace stare qui, mi sento nel posto giusto.
È finito il riscaldamento, non c’è bisogno del telo, ci pensa il sole ad asciugarmi; corsetta dal bordo vasca verso una zona d’ombra per non scottarmi i piedi e ora bisogna cominciare a concentrarsi.
Un po’ d’ansia, come sempre, ma ci sono i miei compagni lì con me, come tutti i giorni ad allenamento, quindi va tutto bene. Costumone, cuffia, occhialini e cartellino.Bene sono pronta.
Però “aspetta Costy ricontrolla di aver preso tutto perché ti scordi sempre qualcosa per strada”: Costumone, cuffia, occhialini e cartellino.
Ho tutto posso andare.
Camera di chiamata, sono pronta e lo sono anche le mie avversarie; è proprio la giornata perfetta per gareggiare. Le tribune sono piene e noi entriamo sul piano vasca, guardo l’acqua della piscina che riflette il cielo azzurro di quella bellissima giornata.
Tre fischi, due colpi sul petto per farmi coraggio.
Un fischio, salgo sul blocco e faccio un respiro profondo, come mi ha insegnato Sergio.Tutto d’un tratto sento in me la convinzione di non saper più nuotare. Cos’è successo?
Mi tuffo in ritardo, faccio fatica a concludere la gara. Guardo il tabellone. Male. Malissimo.
Era la giornata perfetta ma sembrano essere tutti delusi, io in primis. Esco dalla vasca e percorro il tratto che riporta alla mia sedia chiedendomi in tutti i modi cosa sia successo.Mi sveglio, la gara vera è tra una settimana, penso “per fortuna” e mi viene un po’ da ridere perché “quante volte l’ho già fatto questo sogno?” meglio ora che quando la vasca sarà quella vera.
Mi giro dall’alta parte e torno a dormire.