Oltre Il Tempo E Le Corsie, Sette Donne Che Hanno Cambiato il Nuoto

Lo sport è spesso raccontato attraverso i suoi record, i suoi numeri, le medaglie appese al collo. Ma il nuoto – soprattutto quello femminile – è molto più di questo. È una lotta contro il cronometro, certo, ma anche contro gli stereotipi, contro le barriere culturali e contro i limiti imposti da chi, nel passato, riteneva che certe imprese fossero impossibili per una donna.

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, vogliamo raccontare la storia di sette nuotatrici che non solo hanno scritto pagine leggendarie nella storia della disciplina, ma hanno anche contribuito a trasformare la percezione del ruolo delle donne nello sport. Atlete che hanno ridefinito i confini della resistenza, della determinazione e della grandezza, spesso sfidando condizioni avverse, pregiudizi o difficoltà personali.

Sette storie, sette voci, sette battaglie vinte dentro e fuori dall’acqua.

Nel corso della settimana, esploreremo i percorsi di queste donne straordinarie, partendo dalle pioniere che hanno aperto la strada per le generazioni future fino alle campionesse contemporanee che continuano a ispirare con la loro forza e il loro talento.

Gertrude Ederle – La Donna che Ha Conquistato il Mare

Ci sono atlete che riscrivono i record, e poi ci sono quelle che riscrivono la storia. Gertrude Ederle appartiene alla seconda categoria. Il 6 agosto 1926, questa giovane newyorkese dallo spirito indomabile infranse una barriera che sembrava insormontabile: diventò la prima donna a nuotare attraverso il Canale della Manica. Ma ciò che rese il suo trionfo leggendario non fu solo l’impresa in sé, bensì il fatto che lo fece più velocemente di qualsiasi uomo prima di lei.

Un’infanzia tra acqua e sogni

Gertrude Ederle nacque il 23 ottobre 1905 a New York, in una famiglia di immigrati tedeschi. I suoi genitori, proprietari di una macelleria a Manhattan, erano persone semplici e laboriose, ma non potevano immaginare che la loro figlia avrebbe trovato la sua strada non tra i banchi del mercato, ma tra le onde dell’oceano.

Fin da piccola, Trudy—come la chiamavano in famiglia—era attratta dall’acqua. Cresciuta in una città dove la piscina era un lusso e il mare un’avventura, imparò a nuotare nel New Jersey, nelle acque dell’Atlantico. Suo padre le insegnò i primi movimenti, e lei non smise più di muoversi in acqua. Era il suo elemento naturale, il suo rifugio.

Quando a 10 anni si ammalò di morbillo e perse parzialmente l’udito, il nuoto divenne ancora più importante. I medici consigliavano riposo, ma Gertrude aveva già deciso che la sua vita sarebbe stata un’altra. A 12 anni iniziò a nuotare in maniera competitiva e a 16 anni stabilì il suo primo record mondiale.

Dai record olimpici alla Manica

L’abilità di Gertrude la portò rapidamente ai vertici del nuoto mondiale. A soli 19 anni, vinse tre medaglie olimpiche ai Giochi di Parigi 1924, un’impresa straordinaria per l’epoca. Ma le sue ambizioni andavano oltre. Non voleva essere solo una campionessa, voleva dimostrare che una donna poteva essere all’altezza delle più grandi imprese maschili.

Il Canale della Manica, con le sue correnti impietose, le acque gelide e le onde alte come muri, era considerato un’impresa per pochi eletti. Fino a quel momento, solo cinque uomini erano riusciti a completare la traversata. Ogni tentativo femminile si era concluso in un fallimento, rafforzando il pregiudizio che le donne non fossero abbastanza resistenti per simili imprese.

La traversata che cambiò la storia

Il 6 agosto 1926, Gertrude Ederle entrò nelle acque della Manica con un solo obiettivo: dimostrare che tutto era possibile. Indossava un costume di seta fatto su misura per ridurre la resistenza dell’acqua e occhialini sigillati con paraffina, una soluzione rudimentale ma efficace per proteggere gli occhi dalla salsedine. Il suo corpo era cosparso di grasso di pecora per combattere il freddo.

Mentre nuotava, le correnti minacciavano di trascinarla indietro, il sale le bruciava la pelle, la stanchezza diventava insopportabile. Ma non si fermò mai. Ogni bracciata era un atto di ribellione contro i limiti imposti alle donne del suo tempo. Ogni onda superata era una risposta ai giornalisti che l’avevano derisa.

Dopo 14 ore e 34 minuti, Gertrude Ederle raggiunse Kingsdown, in Inghilterra, frantumando il record maschile precedente di quasi due ore. Aveva battuto gli uomini nel loro stesso campo.

La sua prima frase, appena toccata la terraferma, fu semplice e potente: “I knew I could do it” – Sapevo di poterlo fare.

Una città in festa e il sogno infranto

Quando tornò a New York, trovò ad attenderla un’accoglienza mai vista prima. Due milioni di persone la celebrarono in una parata lungo la Fifth Avenue, una delle più grandi mai organizzate per un atleta. Era diventata un simbolo, non solo dello sport, ma della determinazione femminile.

Ma non tutte le storie di successo hanno un lieto fine. L’impresa nella Manica e gli anni di nuoto in acque gelide aggravarono il suo problema di udito, portandola quasi alla sordità totale. Inoltre, il mondo dello sport, dopo averla celebrata, iniziò presto a dimenticarla. Le offerte per film e sponsorizzazioni svanirono, la sua carriera si chiuse rapidamente.

Ferita dalla notorietà fugace e dalle porte chiuse, Gertrude si ritirò dalla scena pubblica. Ma non smise mai di nuotare. Divenne insegnante di nuoto per bambini non udenti, dedicando la sua vita a chi, come lei, sapeva cosa significava affrontare la vita controcorrente.

Un’eredità che va oltre il tempo

Gertrude Ederle non è solo la donna che ha attraversato la Manica. È il simbolo di una generazione di donne che hanno sfidato le convenzioni e dimostrato che i limiti sono fatti per essere superati.

Il suo record è stato battuto, i suoi successi sono stati eclissati da altre imprese, ma la sua storia rimane una delle più potenti di sempre. Perché non riguarda solo lo sport, riguarda il coraggio, la tenacia e la voglia di non accettare mai un no come risposta.

Se oggi le donne competono alla pari in qualsiasi disciplina, è anche grazie a Gertrude Ederle. Se le ragazze crescono sapendo di poter sognare in grande, è perché, un giorno del 1926, una giovane nuotatrice di New York sfidò il mare e vinse.

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About Giusy Cisale

Giusy Cisale

 GIUSY  CISALE A law graduate and practicing attorney for 15 years, Giusy Cisale balanced her professional career with her passion for swimming by founding and managing her swimming-focused blog, Scent of Chlorine. Her expertise in the sport led her to collaborate with Italian swimming news websites starting in 2015, before joining …

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