“Mi è sempre piaciuto stare in acqua. A livello sensitivo proprio, io ci sto bene.”
Così Michele Busa, il nuovo delfinista italiano più veloce di sempre, soprannominato non per caso Idrotoro, dato il suo fisico, e il suo habitat naturale, parla dell’amore per l’elemento.
Bronzo nella 4×100 mista maschile, quarto nei 100 farfalla e quinto nei 50 con Record italiano: a Budapest, al suo primo Mondiale, il nuotatore classe 2001 ha risposto presente, dimostrando di essere nel posto giusto, lì tra i migliori del pianeta, e dimostrando di avere ancora tanta fame di risultati.
GLI INIZI – Il miglior delfinista d’Italia è sempre stato un delfinista?
Nella famiglia di Michele il cloro scorre nelle vene. Tra la mamma che è stata una delle prime allenatrici della sua piscina e il papà allenatore di pallanuoto, il giovane Busa si è subito trovato a seguire le orme di sua sorella, che già aveva intrapreso la strada del nuoto agonistico.
“In realtà ero l’ultimo bambino adatto all’agonismo. Io in piscina ci andavo solo per divertirmi.” ha confessato.
In casa l’idolo era Michael Phelps, dice ricordando le notti di Pechino e le mattine di Londra, quando si svegliavano per vederlo dominare.
“Volevo imitare la sua farfalla” E così nasce l’amore per questo stile, per la sua bellezza tecnica e il suo fascino.
Prova ad affinare la nuotata, migliorando anche il colpo di gambe, che lo porterà poi a perfezionare la subacquea, elemento essenziale per la vasca corta.
“Poi mi è piaciuto nuotare dovunque potessi vincere”ammette
Dorso infatti, dove spesso si è distinto, è uno stile che gli viene più naturale, così come lo stile libero, nel quale ha vinto il suo primo bronzo giovanile, in un 50.
Sebbene ci siamo abituati a nuotatori di statura elevata, Michele Busa non rispecchia esattamente quel canone.
“Non è una cosa che posso controllare, non posso crescere di 20cm da un giorno all’altro (purtroppo)” . Tuttavia ha trovato il modo di gestire ciò che è in suo controllo: dalla massa magra/grassa, alla partenza, su cui ha tanto lavorato perchè non fosse più una sua debolezza, alla subacquea, che aiuta chi, come lui, non fa della nuotata il suo punto forte.
Tra una bracciata e l’altra Busa trova anche le energie per portare la palla in rete, allenandosi, fino all’anno prima di arrivare a Imola, nella squadra di pallanuoto. Fin da bambino infatti il padre lo porta agli allenamenti dei grandi e lui gioca, due volte a settimane, o quando riesce, fino ad arrivare in serie C.
“DIVENTERAI QUALCUNO” – Il rapporto con gli allenatori
Michele Busa è nato e cresciuto nel Nuoto club 2000 di Faenza. Tra esordienti c,b,a e le categorie è stato guidato da diversi allenatori, “è stato come averli sempre tutti insieme ad allenarli però” spiega, sottolineando il sentimento di famiglia percepito in quella piscina.
Tra tutti gli allenatori però c’è una persona cui parole ricorda più di tutte con affetto: Francesca Cacciari. La sua vecchia allenatrice, che ora non è più tra noi, usava ripetergli ogni volta che lo vedeva
“Tu hai potenziale. Devi crederci. Se continuerai per questa strada diventerai qualcuno prima o poi”
Le sue parole hanno dato fiducia a Michele, che è riuscito a Budapest, a trasformare quel potenziale in atto.
Da due anni a questa parte Busa si allena a Imola, dove ha trovato gli stimoli per rimettersi in gioco. Arriva con la fame di entrare tra i top mondiali, trovando lì Federico Poggio e Simone Cerasuolo, freschi di podio europeo, e un Fabio Scozzoli ancora competitivo.
Ad allenarli è Cesare Casella, con cui ha un ottimo rapporto e cui parole all’inizio di questa stagione gli risuonano in testa
“Voglio vedere quel fuoco che avevi dentro quando sei arrivato”.
Michele Busa, a differenza di molti atleti della nazionale, non ha mai preso parte a Mondiali o Europei giovanili. Questo fatto, racconta, ha forse alimnetato ancora di più quel fuoco di cui parla. Spesso infatti quel sentimento di sicurezza in se stessi arriva dal paragone con gli altri, specialmente in uno sport come il nuoto. Michele si riteneva pronto e meritevole di essere tra i grandi, è dunque bastato un atto di fiducia per fargli dimostrare la sua voglia di riscatto.
In questo periodo evidentemente quel fuoco era tornato e ha raccontato del salto di qualità effettuato in questi mesi.
Dopo un’estate passata ad allenarsi più a secco che in acqua, Michele Busa si è rimesso in gioco, sapendo che se c’era un posto per quei 50 e 100 delfino, lui poteva essere il favorito.
Agli assoluti di Novembre a Riccione considerava la distanza più corta come più accessibile, pensiero che l’ha forse bloccato nel poter vincere anche il 100.
“Una volta presa la qualifica per Budapest non avevo più niente da perdere, solo da guadagnare. E in allenamento ho iniziato ad andare ancora più forte.”
Le emozioni prima di una gara
“Soffro l’ansia solo se ho qualcosa da perdere. Se ho la testa libera, sono tranquillo”
Così Michele Busa parla della sua esperienza ai Mondiali, confessando di aver sofferto più la pressione nella ricerca della qualificazione stessa. Uscito dall’acqua dopo la semifinale del 50 farfalla a Budapest, ammette di aver detto a Simone Cerasuolo di essersi sentito come a un campionato regionale, per rendere l’idea della tranqullità con cui ci si era affacciato.
In camera di chiamata poi, il nuotatore di Faenza è un ragazzo vivace, che preferisce stemperare la tensione scherzando, piuttosto di cercare la concentrazione nel silenzio. Ne è stata una divertente prova la presentazione in zona mista della staffetta 4×100 mista di cui ha fatto parte, vincendo il bronzo, con cui esclamava a gran voce “Busalla! Busalla!”
Chiedendo spiegazioni abbiamo scoperto che si tratta di una città vicino a Genova, da cui si passa per andare al Trofeo Nico Sapio, e che da mesi è diventata, a causa della somiglianza col suo cognome, il suo nuovo soprannome in nazionale.
Un altro modo che Michele Busa ha per affrontare la camera di chiamata è quello di tifare per gli azzurrii o commentare le prestazioni aliene che l’hanno preceduto. è stato il caso del record del mondo di Gretchen Walsh nei 100 farfalla, stabilito poco prima che lui entrasse sul piano vasca.
Nonostante i suoi risultati incredibili però, c’è solo una gara che per Michele Busa rimarrà nella storia: il 19.90 nei 50 stile libero di Jordan Crooks.
“Ero in vaschetta a scaldarmi per la finale e ho sentito soltanto il boato del pubblico. Nessuna gara potrà togliergli il titolo di miglior record dei prossimi 100 anni”
FUORI DALL’ACQUA
Michele Busa spiega di essersi dato un tempo limite entro cui il nuoto potesse diventare il suo lavoro, dedicandocisi completamente.
“Mi sono detto ‘Se entro due anni non diventa il mio lavoro, magari trovo un’alternativa che mi permetta di praticarlo più tranquillamente’”.
Oltre alla vasca, Busa trova anche il tempo di dedicarsi ai suoi amici, tra cui gli stessi compagni di allenamenti, o anche amicizie extranatatorie. Per esempio, racconta, a Budapest sono venuti a vederlo due amici che non vedeva da tempo, ai quali però non aveva ammesso, per scaramanzia, che il suo obiettivo sarebbe stato la finale, per la quale dunque hanno comprato i biglietti il giorno stesso.
I festeggiamenti però ancora devono arrivare, in quanto in questi giorni si terrà la Coppa Brema.
L’obiettivo di quest’anno erano i Mondiali in vasca corta, ed è stato ampiamente raggiunto. I programmi per il futuro includono prima di tutto riposo meritato fino a Gennaio, per poi ricominciare in preparazione degli assoluti primaverili e rivolgere i pensieri ai nuovi grandi obiettivi solo dopo le vacanze.