Ad ogni Vigilia Di Natale degli ultimi tre anni mi sono ritrovata davanti a questo pc a chiudere la giornata di lavoro con l’ultima “fatica”: la letterina del nuotatore a Babbo Natale.
Credo a Babbo Natale? Si. Decisamente.
Ho qualcosa da chiedergli anche in questo folle 2020 che possa sembrare qualcosa di diverso rispetto alla solita retorica?
Ho dovuto pensarci.
Forse i nostri lettori più affezionati ricordano una delle rubriche più amate di questo sito web. Era la raccolta quasi settimanale di tutto ciò che ruotava intorno ai genitori e al difficile rapporto con i figli nuotatori.
Pensando a quella rubrica, alla mia “swim parents” mi si è accesa la lampadina dell’ispirazione, oltre che altri mille ricordi.
Dunque possiamo iniziare,
Caro Babbo Natale,
Quest’anno sono stata buona che più buona non si può.
Se tu sei davvero l’uomo con la barba bianca che esaudisce desideri in giro per il mondo in una sola notte che “Amazon scansati” , una sola cosa vorrei. Una ed unica:
La stanchezza.
Portami la stanchezza fisica di svegliarmi alle 5:30 la domenica mattina e preparare due zaini, una sacca, caricare la macchina e poi fare 30/40 km. Portami di nuovo il mal di schiena, seduta sulla tribuna di una piscina umida ed affollata per otto ore di fila per guardare una sola gara che dura circa 25 secondi.
Rivoglio i capelli raccolti con le penne, i calzini bagnati e le ciabatte d’inverno.
Portami il suo sorriso. Quello che si illumina in camera di chiamata e scompare l’attimo prima del fischio che ordina di salire sul blocco di partenza.
Portami quelle lacrime di gioia, di rabbia, di soddisfazione, di sofferenza.
Riportami i suoi abbracci bagnati, gli accappatoi da asciugare sul termosifone. Le borracce da riempire, i costumi da comprare, gli occhialini da riparare.
Caro Babbo Natale, io aspetto eh. Stavolta ti aspetto davvero Riportami la vita. La mia vita.